Parmafans, il forum dei tifosi gialloblu-crociati del Parma calcio

cretinaggini pseudoambientaliste, ...ma in realtà pilotate

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view post Posted on 14/10/2019, 16:41
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SemiDio Crociato

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Ben vengano dei giovani che si svegliano in materia politica (politica come dinamica di programmazione del bene comune), ambientalista e per far del bene in organizzazioni.
A una persona normale non possono dar fastidio queste cose.
Non sapientoni snob e viziati, però, attenzione
 
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view post Posted on 19/10/2019, 13:55
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Divinità Crociata

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Il miglior articolo in cui mi sia imbattutto c.a quel che c'è dietro, politicamente e finanziariamente, all'attuale trend GREEN

(P.S.: si capisce anche la proposta, per me demenziale, di Letta, PD, di abbassare la soglia del voto ai 16enni)

"......

Lei sta dicendo che sono i paesi più sviluppati a volere politiche pro-ambiente, ma al tempo stesso a prendersi rischi di policies depressive. Perché?
Il tema del surriscaldamento globale antropico, assunzione che potrebbe anche essere vera, è stato gestito scientificamente dai partiti “dem” occidentali. Ma questi partiti, e non solo loro, vivono una crisi strutturale. Le coalizioni di quasi tutti i paesi europei stanno in piedi per una manciata di seggi. Gli equilibri sono instabili e rendono impossibile l’attuazione di politiche credibili di lungo periodo.

E quindi? Non la seguo. Perché sarebbero orientati a politiche ambientaliste radicali, che sono potenzialmente depressive e socialmente delicate da implementare, come dimostra, su tutti, il caso dei gilets jaunes?
Beh, in primo luogo, come sostengono i dems Usa più a sinistra, da Bernie Sanders a Alexandria Ocasio-Cortez, è abbastanza entusiasmante pensare di fare ripartire l’economia in modo equo e sostenibile e creare occupazione con una “green revolution”, con un “Green New Deal”… Merita una lettura la risoluzione presentata dalla sopracitata congresswoman. È un manifesto che può suonare molto entusiasmante, nonostante a mio parere abbia un contenuto in gran parte senza senso, inapplicabile, incongruente e socialmente pericolosissimo. Invito a leggerlo.

In secondo luogo?
I partiti dem/labour si sono resi conto che senza una forte componente ideale e ideologica, come quella su cui si basa l’ambientalismo radicale, non riescono più a portare alle urne i giovani e gli outsiders della società.

Si spieghi meglio, Foster.
Le sinistre e le élites liberal mondiali sono al loro apice di penetrazione culturale e mediatica, ma stanno stranamente perdendo il controllo della situazione politica in molti paesi come mai era avvenuto. Mai come oggi è fondamentale ridare connotazioni ideologiche alle campagne elettorali per “comprare” il consenso delle fasce meno propense a votare, e che si sentono non rappresentate o trascurate. O di quelle fasce della popolazione che in assenza di una forte componente ideologica o “movimentista” hanno la tendenza o a non votare. Di certo fanno parte del target elettorale la maggioranza dei giovani.

Può essere più concreto su questa teoria che ha già menzionato prima?
Il mondo progressive liberal americano e i “cugini” europei sono in una profonda crisi, che spazia dalle finanze dei partiti alla percepita lontananza dalle esigenze della popolazione e all’incapacità di creare temi e onde emotive che aggregano il consenso. E non sanno come uscirne.

Di quali partiti parla esattamente?
Democratici Usa, Labour inglese, socialdemocratici europei e Pd in Italia.

Dunque non hanno più soldi in cassa e i loro voti sono in calo. Cosa fanno?
Non hanno scelta, se vogliono riprendere il controllo anche politico della società: devono vendersi a chi ha budgets illimitati per perseguire la propria agenda e a chi ha potere economico e mediatico senza confronti. Si va dalla Open Society Foundation alle decine e decine di fondazioni finanziate dalle grandi società quotate di Wall Street, fino ai colossi tech. In sintesi, la politica tradizionale americana ed europea di stampo liberal ha bisogno di Soros e Zuckerberg – due nomi per tutti, semplificando il concetto – per sopravvivere. Loro pensano a 10-20 anni, mentre i loro amici politici al massimo a 6-12 mesi.

E l’ambiente cosa c’entra?
Adesso ci arrivo. Un’ulteriore leva utilizzata dai liberal deriva dalla capacità di cavalcare la battaglia ambientalista, pur avendo piena coscienza che, a fronte di un probabile fallimento degli obiettivi dichiarati, ci sarà un sicuro aumento delle tensioni sociali e una radicalizzazione delle posizioni politiche. In un mondo “normale” non sarebbe immaginabile tutto ciò…

Quindi secondo lei non c’è una base di buona fede nella nuova ondata ambientalista liberal?
Mah, è difficile giudicare le coscienze altrui. Sapendo di generalizzare troppo, direi che il grado di genuinità del nuovo spirito ambientalista della classe dirigente liberal e socialdemocratica è vicino a zero. Ritengo che quasi nessuno, tra i profili alti liberal negli Usa e in Europa, creda nella possibilità di raggiungere obiettivi significativi in termini di inversione dei trends climatici, né tantomeno nella possibilità di implementare una politica coerente sul lato ambientale senza grandi iniquità ed elevati costi sociali.

Chi ne pagherà il prezzo?
Aspetti. Dirò di più: stava andando tutto abbastanza bene, secondo il copione deciso dai liberals di Washington, dall’Onu e dalle varie fondazioni e Ong, quando il fattore Greta è esploso. Forse un po’ troppo!

Cosa significa un po’ troppo?
Vuol dire che tutto ha preso un’accelerazione pazzesca e sta andando troppo in là, ben oltre quello che i dems newyokesi, Wall Street e la Silicon Valley immaginavano. Insomma, se mi consente una battuta, va bene comprarsi una Tesla e vendere il Mercedes diesel, ma rinunciare al jet privato per fare il capodanno alle Bahamas è davvero troppo.

Sta dicendo che in realtà “Greta” non è davvero così amata in certi ambienti?
Secondo me, Greta è un errore di programmazione del copione ideologico preparato dai soliti noti. Un “bug” del programma. Al Gore aveva già provato nel decennio 2000-2010 a diventare il vate dell’ambientalismo, aveva dato un’accelerazione al Kyoto Protocol, ma era così arrogante che perdette rapidamente ogni appeal e appoggio dei potenti dell’economia e della politica. Gli stessi che oggi osannano Greta avevano di fatto scaricato Al Gore. Chissà perché ora invece si strappano i capelli per Greta. Grazie a questa ragazzina, qualcuno è riuscito ad andare molto più in là del copione di ambientalismo “radical chic” amato dai californiani e newyorkesi, ricattando ora gran parte dei governi mondiali (e paradossalmente anche i governi definibili filo-ambientalisti).

Scusi se glielo faccio ripetere. Quale sarebbe lo scopo perseguito dalle classi dirigenti che sostengono la battaglia ambientalista?
Portare alle urne e poi controllare e “monetizzare” una parte crescente del blocco degli attuali non votanti, perché giovani o perché tradizionalmente incerti. Parliamo di un buon 5% di elettorato. Pensi cosa vuol dire 5% di nuovi elettori di un partito in paesi dove vota il 45-55%… comunque un obiettivo politicamente legittimo, e non esecrabile.

Ma quali sarebbero le conseguenze economiche di “Green New Deals” nei vari paesi occidentali?
Non sono in grado di fare previsioni. Ma si può dire che il costo economico di assecondare politiche opportunistiche ed elettorali sarà alto. Insomma le politiche ambientali dei prossimi 5-10 anni saranno innanzitutto orientate al consolidamento di un certo potere e solo in secondo luogo orientate ad avere forse un reale impatto sull’ambiente.

Perché questa ostinazione nel voler attribuire una cattiva coscienza?
La teoria economica suggerisce la risposta. E comunque basta soltanto un po’ di onestà intellettuale e un briciolo di buon senso. Si ricordi la formula magica: zero emissions-2050. Ma qual è lo “statista” o il partito in grado di pianificare una transizione-trasformazione economica e sociale vera, sulla base di una visione di 20-30 anni senza avere né una buona solidità politica, e magari ricattato dagli agricoltori come in Olanda, Francia e Germania, né un cent nelle casse del proprio partito, né una chiara base scientifica per la selezione delle politiche da implementare? E chi metterebbe a repentaglio il proprio potere per policies che potrebbero dare risultati tra 30 anni? Quale sarebbe il ritorno elettorale? A chi andrebbe tale ritorno a 30 anni, a fronte di grandi sacrifici nel presente? Magari al tuo avversario politico, perché no?

Dobbiamo fare degli esempi. Qualcuno di questi approcci che lei definisce opportunistici?
Prendiamo i candidati dems alle primarie americane. Si stanno rincorrendo e trascinando a sinistra, anche se sanno che è molto pericoloso perché così facendo rischiano di perdere una parte della base dem centrista, nonché Wall Street, finanziatore storico dei dems, e magari anche i “big pharma”. Sanders e Ocasio-Cortez parlano di “Green New Deal” da decine di trillions di dollari per rivoluzionare l’economia americana. Ancora: Sanders e Beto O’Rourke parlano apertamente di politiche di riduzione della crescita demografica per fini ambientalistici con qualsiasi mezzo, letteralmente senza limiti etici. Ognuno cerca di vincere gli elettori incerti; molti slogan sono fatti per colpire le coscienze più giovani, è evidente.

..... (prosegue) "

https://www.ilsussidiario.net/news/caso-gr...-e-co2/1938966/
 
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view post Posted on 20/10/2019, 11:07
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SemiDio Crociato

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CITAZIONE (GRU(G)N @ 19/10/2019, 14:55) 
Il miglior articolo in cui mi sia imbattutto c.a quel che c'è dietro, politicamente e finanziariamente, all'attuale trend GREEN

(P.S.: si capisce anche la proposta, per me demenziale, di Letta, PD, di abbassare la soglia del voto ai 16enni)

"......

Lei sta dicendo che sono i paesi più sviluppati a volere politiche pro-ambiente, ma al tempo stesso a prendersi rischi di policies depressive. Perché?
Il tema del surriscaldamento globale antropico, assunzione che potrebbe anche essere vera, è stato gestito scientificamente dai partiti “dem” occidentali. Ma questi partiti, e non solo loro, vivono una crisi strutturale. Le coalizioni di quasi tutti i paesi europei stanno in piedi per una manciata di seggi. Gli equilibri sono instabili e rendono impossibile l’attuazione di politiche credibili di lungo periodo.

E quindi? Non la seguo. Perché sarebbero orientati a politiche ambientaliste radicali, che sono potenzialmente depressive e socialmente delicate da implementare, come dimostra, su tutti, il caso dei gilets jaunes?
Beh, in primo luogo, come sostengono i dems Usa più a sinistra, da Bernie Sanders a Alexandria Ocasio-Cortez, è abbastanza entusiasmante pensare di fare ripartire l’economia in modo equo e sostenibile e creare occupazione con una “green revolution”, con un “Green New Deal”… Merita una lettura la risoluzione presentata dalla sopracitata congresswoman. È un manifesto che può suonare molto entusiasmante, nonostante a mio parere abbia un contenuto in gran parte senza senso, inapplicabile, incongruente e socialmente pericolosissimo. Invito a leggerlo.

In secondo luogo?
I partiti dem/labour si sono resi conto che senza una forte componente ideale e ideologica, come quella su cui si basa l’ambientalismo radicale, non riescono più a portare alle urne i giovani e gli outsiders della società.

Si spieghi meglio, Foster.
Le sinistre e le élites liberal mondiali sono al loro apice di penetrazione culturale e mediatica, ma stanno stranamente perdendo il controllo della situazione politica in molti paesi come mai era avvenuto. Mai come oggi è fondamentale ridare connotazioni ideologiche alle campagne elettorali per “comprare” il consenso delle fasce meno propense a votare, e che si sentono non rappresentate o trascurate. O di quelle fasce della popolazione che in assenza di una forte componente ideologica o “movimentista” hanno la tendenza o a non votare. Di certo fanno parte del target elettorale la maggioranza dei giovani.

Può essere più concreto su questa teoria che ha già menzionato prima?
Il mondo progressive liberal americano e i “cugini” europei sono in una profonda crisi, che spazia dalle finanze dei partiti alla percepita lontananza dalle esigenze della popolazione e all’incapacità di creare temi e onde emotive che aggregano il consenso. E non sanno come uscirne.

Di quali partiti parla esattamente?
Democratici Usa, Labour inglese, socialdemocratici europei e Pd in Italia.

Dunque non hanno più soldi in cassa e i loro voti sono in calo. Cosa fanno?
Non hanno scelta, se vogliono riprendere il controllo anche politico della società: devono vendersi a chi ha budgets illimitati per perseguire la propria agenda e a chi ha potere economico e mediatico senza confronti. Si va dalla Open Society Foundation alle decine e decine di fondazioni finanziate dalle grandi società quotate di Wall Street, fino ai colossi tech. In sintesi, la politica tradizionale americana ed europea di stampo liberal ha bisogno di Soros e Zuckerberg – due nomi per tutti, semplificando il concetto – per sopravvivere. Loro pensano a 10-20 anni, mentre i loro amici politici al massimo a 6-12 mesi.

E l’ambiente cosa c’entra?
Adesso ci arrivo. Un’ulteriore leva utilizzata dai liberal deriva dalla capacità di cavalcare la battaglia ambientalista, pur avendo piena coscienza che, a fronte di un probabile fallimento degli obiettivi dichiarati, ci sarà un sicuro aumento delle tensioni sociali e una radicalizzazione delle posizioni politiche. In un mondo “normale” non sarebbe immaginabile tutto ciò…

Quindi secondo lei non c’è una base di buona fede nella nuova ondata ambientalista liberal?
Mah, è difficile giudicare le coscienze altrui. Sapendo di generalizzare troppo, direi che il grado di genuinità del nuovo spirito ambientalista della classe dirigente liberal e socialdemocratica è vicino a zero. Ritengo che quasi nessuno, tra i profili alti liberal negli Usa e in Europa, creda nella possibilità di raggiungere obiettivi significativi in termini di inversione dei trends climatici, né tantomeno nella possibilità di implementare una politica coerente sul lato ambientale senza grandi iniquità ed elevati costi sociali.

Chi ne pagherà il prezzo?
Aspetti. Dirò di più: stava andando tutto abbastanza bene, secondo il copione deciso dai liberals di Washington, dall’Onu e dalle varie fondazioni e Ong, quando il fattore Greta è esploso. Forse un po’ troppo!

Cosa significa un po’ troppo?
Vuol dire che tutto ha preso un’accelerazione pazzesca e sta andando troppo in là, ben oltre quello che i dems newyokesi, Wall Street e la Silicon Valley immaginavano. Insomma, se mi consente una battuta, va bene comprarsi una Tesla e vendere il Mercedes diesel, ma rinunciare al jet privato per fare il capodanno alle Bahamas è davvero troppo.

Sta dicendo che in realtà “Greta” non è davvero così amata in certi ambienti?
Secondo me, Greta è un errore di programmazione del copione ideologico preparato dai soliti noti. Un “bug” del programma. Al Gore aveva già provato nel decennio 2000-2010 a diventare il vate dell’ambientalismo, aveva dato un’accelerazione al Kyoto Protocol, ma era così arrogante che perdette rapidamente ogni appeal e appoggio dei potenti dell’economia e della politica. Gli stessi che oggi osannano Greta avevano di fatto scaricato Al Gore. Chissà perché ora invece si strappano i capelli per Greta. Grazie a questa ragazzina, qualcuno è riuscito ad andare molto più in là del copione di ambientalismo “radical chic” amato dai californiani e newyorkesi, ricattando ora gran parte dei governi mondiali (e paradossalmente anche i governi definibili filo-ambientalisti).

Scusi se glielo faccio ripetere. Quale sarebbe lo scopo perseguito dalle classi dirigenti che sostengono la battaglia ambientalista?
Portare alle urne e poi controllare e “monetizzare” una parte crescente del blocco degli attuali non votanti, perché giovani o perché tradizionalmente incerti. Parliamo di un buon 5% di elettorato. Pensi cosa vuol dire 5% di nuovi elettori di un partito in paesi dove vota il 45-55%… comunque un obiettivo politicamente legittimo, e non esecrabile.

Ma quali sarebbero le conseguenze economiche di “Green New Deals” nei vari paesi occidentali?
Non sono in grado di fare previsioni. Ma si può dire che il costo economico di assecondare politiche opportunistiche ed elettorali sarà alto. Insomma le politiche ambientali dei prossimi 5-10 anni saranno innanzitutto orientate al consolidamento di un certo potere e solo in secondo luogo orientate ad avere forse un reale impatto sull’ambiente.

Perché questa ostinazione nel voler attribuire una cattiva coscienza?
La teoria economica suggerisce la risposta. E comunque basta soltanto un po’ di onestà intellettuale e un briciolo di buon senso. Si ricordi la formula magica: zero emissions-2050. Ma qual è lo “statista” o il partito in grado di pianificare una transizione-trasformazione economica e sociale vera, sulla base di una visione di 20-30 anni senza avere né una buona solidità politica, e magari ricattato dagli agricoltori come in Olanda, Francia e Germania, né un cent nelle casse del proprio partito, né una chiara base scientifica per la selezione delle politiche da implementare? E chi metterebbe a repentaglio il proprio potere per policies che potrebbero dare risultati tra 30 anni? Quale sarebbe il ritorno elettorale? A chi andrebbe tale ritorno a 30 anni, a fronte di grandi sacrifici nel presente? Magari al tuo avversario politico, perché no?

Dobbiamo fare degli esempi. Qualcuno di questi approcci che lei definisce opportunistici?
Prendiamo i candidati dems alle primarie americane. Si stanno rincorrendo e trascinando a sinistra, anche se sanno che è molto pericoloso perché così facendo rischiano di perdere una parte della base dem centrista, nonché Wall Street, finanziatore storico dei dems, e magari anche i “big pharma”. Sanders e Ocasio-Cortez parlano di “Green New Deal” da decine di trillions di dollari per rivoluzionare l’economia americana. Ancora: Sanders e Beto O’Rourke parlano apertamente di politiche di riduzione della crescita demografica per fini ambientalistici con qualsiasi mezzo, letteralmente senza limiti etici. Ognuno cerca di vincere gli elettori incerti; molti slogan sono fatti per colpire le coscienze più giovani, è evidente.

..... (prosegue) "

www.ilsussidiario.net/news/caso-gr...-e-co2/1938966/

 
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Gli ipocriti e criminali ecologismo green e l'umanitarismo di Apple, Microsoft, Aphabet (google), Dell, Tesla e altre società hi-tech
nonchè dei grandi estrattori di cobalto e litio svizzeri, belgi, cinesi e coreani

https://www.ilsole24ore.com/art/apple-e-te...guinato-ACb9ir6
https://www.ilsole24ore.com/art/litio-e-co...enotata-ACn2kX4

qui qualche foto di questo neo-schiavismo
http://www.iradvocates.org/sites/iradvocat...0-Complaint.pdf
 
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Sul carbone quale fonote enrgetica, molto interessante


SCENARI/ Aumenta l’uso di carbone: schiaffo mondiale a Germania e ambientalisti
Pubblicazione: 02.01.2021 - Giuseppe Gagliano
Il carbone, considerato uno dei massimi elementi di inquinamento, è la fonte principale di energia dei paesi in via di sviluppo e non solo

I paesi emergenti hanno rilanciato la produzione e il consumo globali. Questo spiega il paradosso: questa fonte di energia odiata per i suoi danni all’ambiente ha visto raddoppiare i suoi consumi dal 1980 al 2010.
...
Ad esempio, in Cina il carbone costituisce il 70% del bilancio energetico e oltre l’80% dell’elettricità cinese. Il paese diventa durante i suoi “Trente Glorieuses” (1980-2010) il primo produttore e consumatore di carbone al mondo. Nel 2000 la Cina ha utilizzato tanto carbone quanto gli Stati Uniti. Oggi, quasi vent’anni dopo, la Cina consuma tre volte di più.

Dal 2010 il consumo di carbone rallenta nel mondo sotto l’effetto della crisi economica e soprattutto a causa degli sforzi di “decarbonizzazione”. Ma il declino del carbone è stato nuovamente interrotto nel 2017-2018 dal rimbalzo della crescita globale.
........
Il suo utilizzo potrebbe addirittura aumentare sotto l’effetto del forte aumento dei prezzi degli idrocarburi e sotto quello di nuovi usi come la produzione di idrogeno, che può essere presentato come un settore energetico del futuro, o quella dei combustibili liquidi. Quasi il 20% dell’idrogeno mondiale viene prodotto utilizzando carbone al termine di un processo di gassificazione.

Le riserve accertate sono gigantesche: circa 1 trilione di tonnellate. Le riserve di carbone recuperabili sono stimate cinque volte quelle del petrolio convenzionale. Le risorse effettive sono forse venti volte maggiori, secondo alcune stime. Un altro vantaggio del carbone è che i costi di produzione sono bassi, rendendolo il combustibile più economico al mondo, tra i 10 e i 30 dollari per tonnellata. E questi prezzi sono relativamente stabili, poco sensibili ai capricci politici a differenza degli idrocarburi.

...........
La Cop 21 (o accordo di Parigi) nel 2015 è stata segnata dalla condanna del carbone. E per una buona ragione: la quota del carbone nelle emissioni di CO2 ha superato quella del petrolio negli anni 2010. Le minacce all’ambiente sono molteplici: una risorsa fossile, rinnovabile solo su scala geologica, che danneggia l’ecosistema (in Cina, l’estrazione del carbone uccide ufficialmente 6mila persone all’anno, ma probabilmente più vicino a 20mila persone secondo fonti indipendenti).

Pertanto, la ricerca tecnologica vuole migliorarne l’utilizzo e riguarda un aumento dell’efficienza delle centrali a carbone, che consentirebbe di emettere meno anidride carbonica per unità di energia prodotta; la tecnologia del carbone polverizzato con trattamento dei fumi è in fase di sviluppo. È prevista anche la cattura dell’anidride carbonica, sia prima della combustione (per pre-gassificazione del carbone), sia durante la combustione (arricchendo il combustibile con ossigeno), oppure dopo la combustione (trattando i fumi). Si sta anche studiando modi per attuarlo: nelle vecchie miniere di carbone, nei pozzi petroliferi in via di esaurimento… Il progetto FutureGen negli Stati Uniti è all’avanguardia: una centrale a carbone da 275 MW a zero emissioni di carbonio.

I combustibili liquidi sono un campo promettente: i combustibili sintetici possono in teoria essere prodotti da qualsiasi materia prima contenente carbonio e idrogeno (carbone, biomassa o gas naturale). Il Ctl (Coal to Liquids) consente di produrre sostituti dei prodotti petroliferi dal carbone.

.........
l’Europa rappresenta ancora l’8% del consumo mondiale. Alcuni paesi hanno abbandonato la produzione di elettricità termica dal carbone, come il Belgio e la Francia (chiusura delle ultime miniere nel 2004, termine previsto per le ultime centrali a carbone entro il 2021), e presto faranno Italia, Austria, Svezia, Regno Unito (fine totale dei settori nel 2025), ecc. Altri paesi stanno ancora utilizzando il carbone come soluzione alternativa al nucleare (in via di abbandono) per produrre elettricità: per esempio la Germania, che sta fermando il nucleare e si sta rivolgendo al solare e all’eolico, ma deve mantenere consumo di carbone e lignite per garantire la transizione (37% della produzione di elettricità); la Polonia, dove il carbone costituisce il 50% della produzione totale di energia e il 90% dell’elettricità, a causa delle esigenze di sviluppo economico, dell’abbondanza delle risorse nazionali, del timore di dipendere nei confronti della Russia.
.......
Negli Stati Uniti, la produzione di carbone ha toccato il livello più basso degli ultimi tre decenni nel 2016: quest’anno, per la prima volta, la produzione di elettricità a gas ha superato quella del carbone, conseguenza questa sia del basso costo del gas che della legislazione anti–carbone (Clean Power Plan sotto Barack Obama). Tuttavia, la produzione non sta crollando e il presidente Trump ha dato il suo pieno sostegno all’industria del carbone, il che punta all’allentamento delle leggi e a una ripresa della produzione.

In Asia, l’ascesa è spettacolare. L’India è il secondo più grande produttore al mondo: il 60% della sua elettricità proviene dal carbone e il Paese sta sviluppando progetti giganteschi per diventare il più grande produttore mondiale, pur rimanendo un grandissimo importatore. La Cina assorbe quasi la metà del carbone prodotto nel mondo, e ha attuato un piano quinquennale (2016–2020) per ridurre il carbone nel bilancio energetico: la sua quota deve scendere al 55% a favore del gas, del nucleare e delle energie rinnovabili, mentre le capacità produttive devono ridursi del 15%. Un programma senza dubbio un po’ affrettato, come dimostrano le tensioni nel 2017–2018 su questo mercato: grande deficit energetico, triplicazione dei prezzi, aumento delle importazioni. Anche i paesi Asean, da parte loro, consumano più carbone.

In Africa e in America Latina, anche qui alcuni giganteschi progetti testimoniano l’interesse per il carbone, come in Sud Africa con la costruzione delle gigantesche centrali di Medupi e Kusile.

Ora, alla luce di queste riflessioni specifiche sul carbone, dobbiamo formulate alcune riflessioni precise sul ruolo geopolitico del mercato dell’energia.

In primo luogo le grandi potenze che agiscono sul mercato dell’energia sono anche i grandi produttori di energia e cioè Stati Uniti, Russia, paesi petroliferi e Canada.

Ma naturalmente le riserve oscillano: gli Stati Uniti sono stati in grado di rinascere grazie ai loro idrocarburi non convenzionali, alla volontà politica e all’innovazione tecnologica; d’altra parte, i paesi del Golfo sono preoccupati per il periodo post-petrolio e si rivolgono in particolare al nucleare per ritardare l’esaurimento delle loro riserve.

In secondo luogo non dobbiamo mai dimenticare che l’energia è un prodotto così vitale che chiunque ne sia privo ne è dipendente. Pensiamo alla Cina, il più grande importatore mondiale di energia. Non gioca su questa situazione per cercare di dominare il mercato, cerca forniture sicure in Africa, costruisce centrali nucleari, e investe sulle energie rinnovabili. Vuole energia abbondante e sicura, vuole allentare i vincoli imposti dal mercato dell’energia. La Cina ha due grandi bacini di carbone, uno a sud che contiene molto zolfo e l’altro a nord che non lo contiene. Il carbone viene quindi trasportato da nord a sud, per evitare di utilizzare carbone ad alto contenuto di zolfo, a rischio di sovraccaricare la rete ferroviaria.

In terzo luogo le scelte sul settore energico fatte dalla Germania sono controproducenti. Infatti decidendo di chiudere le sue centrali nucleari, si è trovata costretta a sviluppare elettricità termica da carbone o lignite. Le sue emissioni di CO2 sono aumentate. Altro che transizione ecologica! Deve ricorrere al gas russo, perché il gas è molto meno inquinante del carbone (si veda il sostegno al North Stream).

In quarto luogo gli Usa allo stato attuale intendono esportare il loro gas con lo scopo di pesare sul mercato energetico, per contrastare Russia o Iran (vedi opposizione al North Stream).

In quinto luogo, riprendendo il discorso precedente sul carbone, questo rimane importante nonostante le sfide ambientali che pone. Rappresenta quasi i due terzi dell’elettricità mondiale, ed è assurdo credere che scenderemo allo 0% nell’arco di dieci anni. In conclusione queste credenze, almeno allo stato attuale, sono solo utopie ambientaliste.

https://www.ilsussidiario.net/news/scenari...alisti/2111059/
 
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Oggi meglio io non scriva di calcio.

Quali attività antropiche 6-7000 anni fa causarono l'assenza di ghiacciai sulle Alpi dai 3000 ai 4000 mt d'altitudine?
La carne allo spiedo?

www.ansa.it/canale_scienza_tecnica...2c8e03c8b7.html
 
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