Il miglior articolo in cui mi sia imbattutto c.a quel che c'è dietro, politicamente e finanziariamente, all'attuale trend GREEN
(P.S.: si capisce anche la proposta, per me demenziale, di Letta, PD, di abbassare la soglia del voto ai 16enni)
"......
Lei sta dicendo che sono i paesi più sviluppati a volere politiche pro-ambiente, ma al tempo stesso a prendersi rischi di policies depressive. Perché?
Il tema del surriscaldamento globale antropico, assunzione che potrebbe anche essere vera, è stato gestito scientificamente dai partiti “dem” occidentali. Ma questi partiti, e non solo loro, vivono una crisi strutturale. Le coalizioni di quasi tutti i paesi europei stanno in piedi per una manciata di seggi. Gli equilibri sono instabili e rendono impossibile l’attuazione di politiche credibili di lungo periodo.
E quindi? Non la seguo. Perché sarebbero orientati a politiche ambientaliste radicali, che sono potenzialmente depressive e socialmente delicate da implementare, come dimostra, su tutti, il caso dei gilets jaunes?
Beh, in primo luogo, come sostengono i dems Usa più a sinistra, da Bernie Sanders a Alexandria Ocasio-Cortez, è abbastanza entusiasmante pensare di fare ripartire l’economia in modo equo e sostenibile e creare occupazione con una “green revolution”, con un “Green New Deal”… Merita una lettura la risoluzione presentata dalla sopracitata congresswoman. È un manifesto che può suonare molto entusiasmante, nonostante a mio parere abbia un contenuto in gran parte senza senso, inapplicabile, incongruente e socialmente pericolosissimo. Invito a leggerlo.
In secondo luogo?
I partiti dem/labour si sono resi conto che senza una forte componente ideale e ideologica, come quella su cui si basa l’ambientalismo radicale, non riescono più a portare alle urne i giovani e gli outsiders della società.
Si spieghi meglio, Foster.
Le sinistre e le élites liberal mondiali sono al loro apice di penetrazione culturale e mediatica, ma stanno stranamente perdendo il controllo della situazione politica in molti paesi come mai era avvenuto. Mai come oggi è fondamentale ridare connotazioni ideologiche alle campagne elettorali per “comprare” il consenso delle fasce meno propense a votare, e che si sentono non rappresentate o trascurate. O di quelle fasce della popolazione che in assenza di una forte componente ideologica o “movimentista” hanno la tendenza o a non votare. Di certo fanno parte del target elettorale la maggioranza dei giovani.
Può essere più concreto su questa teoria che ha già menzionato prima?
Il mondo progressive liberal americano e i “cugini” europei sono in una profonda crisi, che spazia dalle finanze dei partiti alla percepita lontananza dalle esigenze della popolazione e all’incapacità di creare temi e onde emotive che aggregano il consenso. E non sanno come uscirne.
Di quali partiti parla esattamente?
Democratici Usa, Labour inglese, socialdemocratici europei e Pd in Italia.
Dunque non hanno più soldi in cassa e i loro voti sono in calo. Cosa fanno?
Non hanno scelta, se vogliono riprendere il controllo anche politico della società: devono vendersi a chi ha budgets illimitati per perseguire la propria agenda e a chi ha potere economico e mediatico senza confronti. Si va dalla Open Society Foundation alle decine e decine di fondazioni finanziate dalle grandi società quotate di Wall Street, fino ai colossi tech. In sintesi, la politica tradizionale americana ed europea di stampo liberal ha bisogno di Soros e Zuckerberg – due nomi per tutti, semplificando il concetto – per sopravvivere. Loro pensano a 10-20 anni, mentre i loro amici politici al massimo a 6-12 mesi.
E l’ambiente cosa c’entra?
Adesso ci arrivo. Un’ulteriore leva utilizzata dai liberal deriva dalla capacità di cavalcare la battaglia ambientalista, pur avendo piena coscienza che, a fronte di un probabile fallimento degli obiettivi dichiarati, ci sarà un sicuro aumento delle tensioni sociali e una radicalizzazione delle posizioni politiche. In un mondo “normale” non sarebbe immaginabile tutto ciò…
Quindi secondo lei non c’è una base di buona fede nella nuova ondata ambientalista liberal?
Mah, è difficile giudicare le coscienze altrui. Sapendo di generalizzare troppo, direi che il grado di genuinità del nuovo spirito ambientalista della classe dirigente liberal e socialdemocratica è vicino a zero. Ritengo che quasi nessuno, tra i profili alti liberal negli Usa e in Europa, creda nella possibilità di raggiungere obiettivi significativi in termini di inversione dei trends climatici, né tantomeno nella possibilità di implementare una politica coerente sul lato ambientale senza grandi iniquità ed elevati costi sociali.
Chi ne pagherà il prezzo?
Aspetti. Dirò di più: stava andando tutto abbastanza bene, secondo il copione deciso dai liberals di Washington, dall’Onu e dalle varie fondazioni e Ong, quando il fattore Greta è esploso. Forse un po’ troppo!
Cosa significa un po’ troppo?
Vuol dire che tutto ha preso un’accelerazione pazzesca e sta andando troppo in là, ben oltre quello che i dems newyokesi, Wall Street e la Silicon Valley immaginavano. Insomma, se mi consente una battuta, va bene comprarsi una Tesla e vendere il Mercedes diesel, ma rinunciare al jet privato per fare il capodanno alle Bahamas è davvero troppo.
Sta dicendo che in realtà “Greta” non è davvero così amata in certi ambienti?
Secondo me, Greta è un errore di programmazione del copione ideologico preparato dai soliti noti. Un “bug” del programma. Al Gore aveva già provato nel decennio 2000-2010 a diventare il vate dell’ambientalismo, aveva dato un’accelerazione al Kyoto Protocol, ma era così arrogante che perdette rapidamente ogni appeal e appoggio dei potenti dell’economia e della politica. Gli stessi che oggi osannano Greta avevano di fatto scaricato Al Gore. Chissà perché ora invece si strappano i capelli per Greta. Grazie a questa ragazzina, qualcuno è riuscito ad andare molto più in là del copione di ambientalismo “radical chic” amato dai californiani e newyorkesi, ricattando ora gran parte dei governi mondiali (e paradossalmente anche i governi definibili filo-ambientalisti).
Scusi se glielo faccio ripetere. Quale sarebbe lo scopo perseguito dalle classi dirigenti che sostengono la battaglia ambientalista?
Portare alle urne e poi controllare e “monetizzare” una parte crescente del blocco degli attuali non votanti, perché giovani o perché tradizionalmente incerti. Parliamo di un buon 5% di elettorato. Pensi cosa vuol dire 5% di nuovi elettori di un partito in paesi dove vota il 45-55%… comunque un obiettivo politicamente legittimo, e non esecrabile.
Ma quali sarebbero le conseguenze economiche di “Green New Deals” nei vari paesi occidentali?
Non sono in grado di fare previsioni. Ma si può dire che il costo economico di assecondare politiche opportunistiche ed elettorali sarà alto. Insomma le politiche ambientali dei prossimi 5-10 anni saranno innanzitutto orientate al consolidamento di un certo potere e solo in secondo luogo orientate ad avere forse un reale impatto sull’ambiente.
Perché questa ostinazione nel voler attribuire una cattiva coscienza?
La teoria economica suggerisce la risposta. E comunque basta soltanto un po’ di onestà intellettuale e un briciolo di buon senso. Si ricordi la formula magica: zero emissions-2050. Ma qual è lo “statista” o il partito in grado di pianificare una transizione-trasformazione economica e sociale vera, sulla base di una visione di 20-30 anni senza avere né una buona solidità politica, e magari ricattato dagli agricoltori come in Olanda, Francia e Germania, né un cent nelle casse del proprio partito, né una chiara base scientifica per la selezione delle politiche da implementare? E chi metterebbe a repentaglio il proprio potere per policies che potrebbero dare risultati tra 30 anni? Quale sarebbe il ritorno elettorale? A chi andrebbe tale ritorno a 30 anni, a fronte di grandi sacrifici nel presente? Magari al tuo avversario politico, perché no?
Dobbiamo fare degli esempi. Qualcuno di questi approcci che lei definisce opportunistici?
Prendiamo i candidati dems alle primarie americane. Si stanno rincorrendo e trascinando a sinistra, anche se sanno che è molto pericoloso perché così facendo rischiano di perdere una parte della base dem centrista, nonché Wall Street, finanziatore storico dei dems, e magari anche i “big pharma”. Sanders e Ocasio-Cortez parlano di “Green New Deal” da decine di trillions di dollari per rivoluzionare l’economia americana. Ancora: Sanders e Beto O’Rourke parlano apertamente di politiche di riduzione della crescita demografica per fini ambientalistici con qualsiasi mezzo, letteralmente senza limiti etici. Ognuno cerca di vincere gli elettori incerti; molti slogan sono fatti per colpire le coscienze più giovani, è evidente.
..... (prosegue) "
www.ilsussidiario.net/news/caso-gr...-e-co2/1938966/